1.1 Un metodo allinsegna della polarità. Il volume di Anna Loretoni offre un esempio paradigmatico di come si possa praticare una filosofia politica ispirata da un approccio polare, anziché dicotomico2 e quanto questa scelta possa essere feconda nel contesto del dibattito su diverse sfide del presente.
Mentre la dicotomia funziona con logica binaria e impone sempre unalternativa dove tertium non datur, ossia non ammette sfumature o passaggi da una delle due possibilità allaltra, lopposizione polare consente tra i due estremi sfumature intermedie di passaggio e posizioni mediane.
Se lautrice aveva del resto già offerto buona prova di questa possibilità nei suoi studi sulle forme della guerra giusta, tertium tra prospettive del pacifismo e del realismo politico3, con questopera mostra come un tale approccio possa essere adottato anche con riferimento ai dilemmi che, a partire dal genere, ruotano attorno alla relazione tra differenza ed eguaglianza.
La teoria di genere è assunta da Loretoni come «presupposto metodologico» per affrontare alcune fondamentali categorie della politica: autonomia, cittadinanza, diritti, soggettività e spazio pubblico.
I profili epistemologici del progetto sono accuratamente delineati nel primo capitolo del volume in cui vengono precisati gli strumenti adottati e la molteplicità degli indirizzi da cui essi sono trattati, con la precisa intenzione di non identificarsi in «alcuna etichetta»4.
Lelaborazione di Loretoni intende collocarsi nel campo di quella che Pierre Bourdieu definisce come «lotta cognitiva sul senso delle cose del mondo e in particolare delle realtà sessuali»5 che produce il prodotto della dominazione.
Per scardinare tale struttura di relazioni imperniata nella dimensione oscura e impenetrabile degli habitus Loretoni attinge ad una peculiare concezione del realismo, anche in questo caso ricorrendo, sul piano metodologico, alle potenzialità di un approccio polare che situa tale specifica forma di realismo tra il classico realismo politico e le istanze della critica decostruttiva.
Attingendo in questo caso alla riflessione di Catharine MacKinnon6: il punto di snodo è che la teoria femminista, secondo Loretoni, non può fermarsi allopera di «decomposizione» del quadro dinsieme, ma da qui deve far muovere la sua «ricomposizione», misurando la sua efficacia nel mettere in atto la trasformazione della realtà.
Quello che ne scaturisce è una forma di realismo forte, un realismo di genere che non teme di misurarsi con le strutture politiche e giuridico-istituzionali, oltre a quelle culturali, economiche e sociali.
Adottando una «visione propulsiva del diritto»7.
Le soluzioni, come si vedrà qui di seguito, si muovono, superando «false separazioni», nella direzione di inedite configurazioni che vengono illustrate, attraverso una ricchissima rete di rimandi, nei diversi capitoli che compongono il libro; esse possono essere descritte con espressioni significative come individualismo relazionale (cap. II), cittadinanza multilevel (cap. III), universalismo contestualizzato (IV), soggettività plurime e intersezionali (cap. V).
2. Inedite implicazioni mediane. Nel corso del secondo capitolo dellopera, Loretoni rileva, con dovizia di riferimenti alla letteratura internazionale degli ultimi decenni, come «una delle sfide più interessanti che gli studi di genere hanno posto alla tradizione liberale concerne linterpretazione di cosa sia lindividuo e di quanto siano rilevanti le relazioni intersoggettive e sociali, tanto nella costituzione dellidentità individuale quanto nel modo di abitare insieme lo spazio pubblico della politica»8.
Recuperando le elaborazioni di Virginia Held, Axel Honneth, Nancy Fraser, Charles Taylor e Amartya Sen, Loretoni argomenta come sia possibile elaborare un«interpretazione dellindividuo in chiave relazionale». Tale proposta rappresenta sempre entro un approccio polare una possibile «mediana» rispetto a tre approcci: «lindividualismo astratto di origine liberale, che vede nella presenza dellaltro un rischio allaccrescersi della propria autonomia»; «gli eccessi del comunitarismo olistico che rischia di risucchiare quellesperienza di libertà in un abbraccio mortale»; «lipotesi di un soggetto postmoderno che fluttua tra una declinazione e laltra, alla ricerca della performance linguistica meglio in grado di mostrare lonnipervasività del potere e del dominio sulle coscienze»9.
Ad una siffatta teoria antropologica si connette una peculiare concezione della cura che, sulla scorta delle riflessioni di Eva Kittay e soprattutto di Joan Tronto, viene ri-declinata in senso politico10: cura e giustizia ma anche sensibilità ai contesti e autonomia individuale, nonché, come si vedrà più avanti, particolarismo e universalismo.
Insieme agli studi di genere, le teorie critiche del riconoscimento, letica della cura, ma anche gli studi sulla disabilità11.
Su tale rimozione si è costruita anche la forma classica della cittadinanza, che Loretoni prende in esame e decostruisce nel corso del terzo capitolo del volume. La prospettiva di genere affrontando il concetto di cittadinanza «ne ha messo in luce il carattere dilemmatico, o aporetico, o ambivalente, mettendo in discussione linterpretazione perlopiù accreditata, fondata troppo semplicisticamente sullipotesi di una progressiva inclusione»12.
Richiamando le riflessioni critiche di Maria Luisa Boccia, nonché quelle di Carole Pateman e Susan Moller Okin, Loretoni rileva come anche «nel pensiero politico recente la maggior parte delle teorizzazioni continui ad evitare il tema, eminentemente politico, della dimensione dello spazio privato»13.
A questaltezza del ragionamento viene a collocarsi unaltra peculiare forma di mediazione che lautrice, ricollegandosi alle diverse riflessioni critiche in tema di diritti umani maturate negli ultimi decenni, propone nel corso del quarto capitolo in tema di universalismo. Spingendosi «oltre un universalismo astratto ed etnocentrico», ella approda allidea di un «universalismo contestualizzato» che si basa su una particolare concezione dei diritti umani: accantonando la tesi di una loro fondazione naturale, essi sono concepiti come «risposta e protezione a ingiustizie, oppressioni, discriminazioni, non solo su base individuale, ma anche collettiva e statuale». Proprio tale caratteristica «fornisce ai diritti umani unorigine di tipo politico, universale e insieme negoziabile e contestualizzabile»14.
Si tratta di una forma di universalismo che assume molteplici declinazioni: esso può essere inteso, con Norberto Bobbio, «come processo»15.
Alla luce di quanto osservato sin qui, si può addivenire, come è illustrato nel quinto capitolo dellopera, ad inedite articolazioni anche dello spazio pubblico e delle soggettività che lo abitano. Le lotte delle donne consentono di constatare la funzione produttiva delle rivendicazioni. Il sentimento dellingiustizia è infatti in grado di scatenare una dinamica rivendicativa che, attraverso la partecipazione attiva al cambiamento sociale da parte dei gruppi marginalizzati come ha efficacemente argomentato Iris Marion Young16 e, dunque, di ridefinire arendtianamente, allinsegna della pluralità, le dimensioni dello spazio pubblico.
3. Nuove cornici e nuove traiettorie: un «femminismo intersezionale». Il richiamo arendtiano consente a Loretoni di mettere alla prova unulteriore pratica allinsegna della polarità. Linterpretazione della politica e dello spazio pubblico offerta dallautrice di Che cosè la politica? rivela molti punti di interesse per chi intenda declinare una visione della polis che si affranchi sia dalla conflittualità estrema che nega ogni comunanza tra gli individui, sia dalla più rassicurante interpretazione che allo stare insieme attribuisce un valore, nella misura in cui questo è finalizzato alla creazione di un bene comune in cui tutti e tutte dovrebbero riconoscersi»17.
La proposta che scaturisce da questo approccio sensibile alla pluralità e alle molteplici forma di differenza è quella di un femminismo intersezionale18 sugli «incroci», sulle «intersezioni fra assi di potere» creati dallintreccio di elementi come razza, classe, cultura, religione, ecc. Come queste relazioni vengono ad interagire nei diversi contesti e come concorrano a definire la condizione di ineguaglianza, discriminazione, oppressione diviene questione rilevante e decisiva.
Non si tratta, anche in questo caso, di mettere in contrapposizione approcci distinti, come allinterno del binarismo, quanto piuttosto di praticare una «politica dellattraversamento» che sappia decostruire e rielaborare strategie a più livelli: a partire dalle esperienze specifiche dei diversi contesti sino alla dimensione transnazionale e globale, entro una dimensione di interrelazione e connessione ben rappresentata dal neologismo «intermestic politics» che supera la dicotomia a lungo consolidata tra domestic e international politics19 e a supportare, costruttivamente, una cittadinanza pluralista e democratica, capace di mandare effettivamente in frantumi le antiche cornici, ovvero le strutture del dominio, senza correre il rischio di riprodurle.
20 Il testo costituisce la rielaborazione della relazione presentata in occasione della discussione del volume di Anna Loretoni avvenuta, su iniziativa di Giuliana Laschi e con la partecipazione anche di Maria Laura Lanzillo, presso la Scuola di Scienze Politiche dellUniversità di Bologna, Forlì Campus, il 7.3.2016.
1 La distinzione tra unopposizione dicotomica e unopposizione polare si deve a Enzo Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sullanalogia, Bologna, il Mulino, 1968 (esiste ora una seconda edizione con un saggio di Giorgio Agamben, Macerata, Quodlibet, 2004). Per una riproposizione della distinzione si veda Gf. Zanetti, Eguaglianza come prassi. Teoria dellargomentazione normativa, Bologna, il Mulino, 2015, pp. 3-4.
2 Cfr. A. Loretoni, Teorie della pace. Teorie della guerra, Pisa, Ets, 2005.
3 A. Loretoni, Ampliare lo sguardo. Genere e teoria politica, Roma, Donzelli, 2014, p. VIII.
4 Cfr. A. Loretoni, Ampliare lo sguardo, cit., p. 3. La citazione è tratta da P. Bourdieu, Il dominio maschile (1998), Milano, Feltrinelli, 1998.
7 Cfr. P. Bourdieu, J.C. Passeron, La riproduzione del sistema scolastico ovvero della conservazione dellordine culturale (1970), Rimini, Guaraldi, 1978.
8 A. Loretoni, Ampliare lo sguardo, cit., p. 24.
11 Ivi, p. 85. Cfr., per una disamina delle potenzialità di tale approccio, pp. 81-89.
15 Ivi, p. 43. Sulla nozione di comunità e sulla possibilità di costituire comunità elettive sul piano partecipativo sia consentito rinviare a Th. Casadei, I dilemmi della comunità: intorno al comunitarismo contemporaneo, «La società degli individui», 30, 2007, n. 3, pp. 21-38.
16 Cfr. A. Loretoni, Ampliare lo sguardo, cit., pp. 54-58. Per unefficace conferma delle implicazioni politiche della cura si veda, a titolo esemplificativo, J. Tronto, Cura e politica democratica. Alcune premesse fondamentali, «La società degli individui», 38, 2010, n. 2, pp. 34-42. Per un quadro dinsieme delle implicazioni possibili delletica della cura si veda il contributo di Alberto Pirni, Connessioni di destino. Cura, interdipendenza, convivialismo, «La società degli individui», 58, 2017, pp. 56-70.
17 Sul punto sia consentito rinviare a Th. Casadei, Giusfemminismo: profili teorici e provvedimenti legislativi, «Notizie di Politeia», XXXII, 2016, n. 124, pp. 32-45, p. 33.
18 Cfr. A. Loretoni, Ampliare lo sguardo, cit., pp. 52-54.
28 Cfr. pp. 148-150. Si veda anche A. Loretoni, Cosa cè di «critico» nella Teoria Critica, «Politica&Società», n. 3, 2015, pp. 371-386; Th. Casadei, Ragionare, vedere, ascoltare. Il paradigma razionalista e la critica sociale, «Filosofia politica», n. 3, 2016, pp. 469-486, in part. pp. 482-485.
29 A. Loretoni, Ampliare lo sguardo, cit., p. 162.
33 Ivi, p. 30. Per unottima panoramica sullapproccio intersezionale si veda il fascicolo monografico, a cura di L. Mancini e B.G. Bello, della rivista «Sociologia del diritto», n. 2, 2016 dedicato a Lintersezionalità tra diritto e società. Il fascicolo contiene anche una bella intervista a Crenshaw: Talking about intersectionality (pp. 11-21).